lunedì 27 maggio 2013

Racconto la mia " Calabria".

Mi limito a raccontare la mia storia. Quella di una “ normale” 29 enne Calabrese.

Sono nata e cresciuta in un piccolo paesino della provincia di Vibo Valentia, un comune di 1600 anime.
Genitori calabresi, papà impiegato, mamma casalinga ( per scelta tende sempre a precisare lei) .
Mi sono diplomata al liceo classico e a 18 anni, appena compiuti ( ho fatto la primina) mi sono iscritta all’Università a Milano, Scienze politiche.
Ricordo ancora il primo viaggio in treno con mamma e papà. Mi hanno accompagnato loro, era luglio, esami di maturità appena terminati. Il caldo afoso di Milano ci ha dato il benvenuto. Insieme tutti e 3 a cercare casa, e a fare le lunghe interminabili file alle segreterie studenti.

A Settembre sono definitivamente partita, da sola. 18 enne. Prima casa trovata fuori Milano, a Rho.
Eravamo in 3. 
2 ragazze ed 1 ragazzo.
Avete letto bene, “ casa mista”. ( Focu, un padre Calabrese che permette queste cose?? Eh sì … ESISTONO).
Ho vissuto a Milano per 2 anni. Mi sono trovata malissimo. Ambiente freddo. Gente ancor di più. Non potrò mai dimenticare quel giorno in cui mi tagliai il polso con una scatoletta di tonno, sanguinante per le strade con una maglietta intorno al braccio a cercare un taxi. Nessuno si fermò a chiedermi se avessi bisogno. (In Calabria non sarebbe successo).

Mi sono poi trasferita a Roma, dove ho terminato lì i miei studi. Dove ho iniziato a lavorare e ad addentrarmi nel mondo della Politica. ( Focu, una ragazza di 20 anni, Calabrese che entra in un mondo fatto prevalentemente di uomini e il padre non gli dice niente?? Eh sì, ESISTONO).

Dopo la laurea sono ritornata in Calabria. I motivi sono tanti, economici, personali , voler costruire qualcosa di positivo a casa mia.

In questa terra “ tremenda” continuo a fare politica. Molte volte mi ritrovo ad essere l’unica donna seduta ad un tavolo ma “ Statti queta tu si fimmina” a me non l’ha mai detto nessuno, anzi, molte volte sono io a dire “ Statti quetu tu si masculu e certi cosi ne capisci”.

Ebbene sì, anche in Calabria esistono, e siamo in tante, donne libere e pensanti. Come esistono donne sottomesse, ma questo purtroppo succede in tutta Italia. O i mariti violenti di Treviso sono diversi da quelli Calabresi? O le donne violentate e uccise in Piemonte sono diverse dalle nostre?

Nella mia vita ho sempre fatto le mie scelte da sola, i miei genitori non sono mai entrati nelle mie cose e se lo hanno fatto solo ed esclusivamente per darmi “ consigli”. Stessa cosa nei rapporti con i ragazzi.  Ho avuto le mie storie come qualsiasi altra 30 enne e mi sono sempre confidata con i miei  e non mi hanno mai detto “ svergognata” ma… “ trova una persona che ti vuole bene, il resto conta poco”.


Un’altra Calabria esiste. Ma forse fa più comodo e più “ chic” dire altro. 

3 commenti:

  1. Bel post.
    Nel senso che si vede che è scritto da una persona che ha frequentato il liceo classico.
    Tu sei fortunata, da quel che dici appartieni, appunto, ad una famiglia "normale", come normale era la famiglia dei miei nonni siciliani che emigrarono a Milano.
    Ma tu ed io siamo, appunto, state fortunate a crescere in famiglie normali.

    Quando sono andata in Sicilia per vedere la terra dei miei nonni non ho potuto fare a meno di notare che i cosiddetti stereotipi non sono altro che raffigurazioni della realtà intesa come maggioranza dei comportamenti di una popolazione.

    Anche tu, di Milano e dei milanesi hai avuto la stessa impressione "stereotipata", ma tanto veritiera.

    Se vado a Napoli e chiedo un'indicazione mi ci accompagnano, sul posto...
    Se a Milano sbatti per terra nessuno si ferma a soccorrerti.

    E allora? Non possiamo cominciare a parlare di dati statistici invece che di stereotipi?
    O ancora? Non potremmo cominciare ad assegnare alla parola stereotipo un'accezione neutra, invece che negativa?

    Se no si rischia di arrampicarsi sugli specchi, di descrivere, ciascuno di noi, esempi singoli che poco servono alla comprensione complessiva di una regione.

    Un'ultima cosa: mia figlia, che ha qualche anno meno di te, tramite FB come tutti i ragazzi è in contatto anche e soprattutto, con ragazzi/e del Sud. Lei li preferisce perchè caratterialmente ci si trova meglio, in quanto più aperti, socievoli e divertenti.
    Come vedi, altro "stereotipo" confermato. :)

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    1. Esatto Claudia.
      Evitiamo stereotipi.
      Evitiamo di generalizzare.

      Sicuramente siamo state fortunate, ma lo sono la maggior parte delle persone che vivono al Sud.

      Per il resto " Chi viene al sud piange due volte, quando arriva e quando se ne va..." ;))

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  2. Ho le lacrime!

    Ho 30 anni e ho lasciato il mio paese 11 anni fa. Vivo a Torino e ho un lavoro con contratto a tempo indeterminato.
    Sono Campana io. Paese di montagna di circa di 4000 abitanti in provincia di Avellino.
    Partita sola. Le mie amiche erano rimaste tutte "in zona". Ma io no. Io volevo andare al Nord. Volevo mettere una distanza tra le mie origini e la mia "nuova vita".
    La stessa distanza che ora mi soffoca, mi lacera...
    La stessa distanza che mi sta portando a prendere la decisione di tornare.
    Tornare al Sud.
    Mettere le mie conoscenze, il mio sapere e le mie capacità a disposizione della mia Terra.
    Ci sono ancora troppi pregiudizi e stereotipi purtroppo, ma io credo e spero che un "altro Sud" è possibile.
    Credo che le battaglie vadano combattute sul campo. E presto tornerò anch'io. Alla mia terra, alle mie origini, quelle che tanto ho bistrattato, ma che oggi, con una nuova maturità difendo e amo con tutta me stessa.
    Se prima erano occhi lucidi, adesso sto proprio piangendo! Che sciocca che sono!
    Non ti conosco. Mi sono imbattuta per caso in questo post. Ma ti ringrazio.
    Per il racconto, per il coraggio e per la forza che le tue parole esprimono.
    Io sto dalla tua...
    Grazie

    Michela

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